Lo storytelling come strumento didattico

L’arte del narrare è certamente antica quanto l’umanità. Da sempre, molto prima della nascita della scrittura, gli uomini e le donne hanno utilizzato il racconto come strumento per trasmettere sapere e conoscenza, per avviare e coltivare relazioni, per raccontare un territorio e indicare itinerari, per educare le nuove generazioni e guidarle verso il futuro.

I miti che ogni antica cultura ha elaborato per trovare una spiegazione ai fatti della realtà sono un primo esempio di storytelling: come sappiamo, infatti, il significato del termine greco mythos è proprio parola, narrazione, racconto.

Ancora oggi, dopo migliaia di anni, continuiamo a raccontare storie. Amano le storie i più piccoli, fin dalla primissima infanzia: le fiabe, ma non solo, anche le storie di famiglia e di amici, che riguardano persone reali. Continuano ad amare le storie ragazzi e ragazze: le ascoltano a scuola, se le raccontano tra loro, le leggono nei libri, le scoprono attraverso i media. Anche noi adulti apprezziamo le storie, anzi non possiamo farne a meno: dalla cronaca quotidiana o da luoghi lontani nello spazio e nel tempo, sono un nutrimento essenziale della nostra vita cerebrale e della nostra psiche.

Ecco, allora, che lo storytelling si rivela uno strumento appropriato e perfetto, efficace e inclusivo, a cui ricorrere anche per lavorare a scuola, in qualsiasi ciclo di istruzione e tipologia di istituto.

  • Lo storytelling sollecita la curiosità. Nel trattare un argomento, presentare un tratto di vita di un personaggio, raccontare un progetto, seguire un’esperienza in contesti particolari, magari in luoghi lontani e poco conosciuti, stimola il desiderio di saperne di più, di approfondire.
  • Lo storytelling permette di mantenere l’attenzione. Se il racconto è in grado di continuare la tensione narrativa, infatti, è possibile conquistare il lettore (o l’ascoltatore) per un buon lasso di tempo, naturalmente variabile a seconda dell’età e di altri fattori interni ed esterni.
  • Lo storytelling attiva nel nostro cervello una comunicazione multisensoriale. Le parole e le frasi di un racconto permettono di esprimere sensazioni che arrivano a tutti e cinque i sensi, consentendo così una percezione completa, ‘a tutto tondo’. In pratica, quando ci viene raccontata una storia la nostra mente si attiva come se vivessimo gli eventi della storia stessa, in ogni suo aspetto. Lo storytelling porta perciò a interiorizzare il racconto, a trasformare la storia come un’esperienza personale, non di rado sollecitando il desiderio di raccontarla ad altri, in famiglia o ai coetanei. 
  • Lo storytelling aiuta a prolungare il ricordo. Più la soglia di attenzione è stata alta ed elevato l’impatto emotivo, maggiore sarà la memorizzazione nel lungo periodo.
  • Lo storytelling favorisce l’inclusione. Le storie ben narrate, infatti, arrivano a tutti e tutte, trasmettendo contenuti anche a chi presenta difficoltà più o meno gravi in alcune fasi dell’apprendimento.

In particolare, l’educazione ambientale, può avere uno splendido supporto dallo storytelling, sollecitando l’interesse di studenti e studentesse per le emergenze che l’umanità sta vivendo nel pianeta.  Attraverso storie di protagonisti (persone, organizzazioni, associazioni) dell’impegno in campo ambientale si possono evidenziare le problematiche, offrendo però anche delle prospettive per risolverle o, comunque, attenuarle.

Come è facile immaginare, lo storytelling è particolarmente indicato anche per far conoscere il rapporto tra un popolo e il suo territorio. Raccontare la cultura maori in Nuova Zelanda o quella degli inuit in Alaska, far rivivere lo stretto rapporto con la natura degli indios amazzonici o le strategie di sopravvivenza dei popoli del deserto possono aiutare ragazzi e ragazze a comprendere da un lato le diversità etniche, dall’altro la relazione tra le culture e il loro ambiente geografico.

Le storie di chi ha dovuto affrontare sfide climatiche, come una siccità o un’alluvione, ed eventi catastrofici, la fuga da una guerra, le difficoltà della migrazione possono portare a una maggior partecipazione degli studenti a questi fenomeni drammatici, invogliandoli a capirne le cause e le responsabilità.

Lo storytelling è senz’altro uno strumento molto utile per introdurre ognuno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, chiave di lettura del mondo in cui viviamo e parte fondamentale del programma di Educazione Civica. Attraverso lo storytelling si può parlare di protagonisti, di progetti ed esperienze, di interventi sul territorio che hanno costituito un tassello più o meno grande nel miglioramento di una realtà. Queste storie emblematiche invitano i nostri ragazzi e le nostre ragazze all’impegno in prima persona: constatare la gravità dei problemi che il pianeta sta affrontando non deve togliere alle giovani generazioni, anche ai più piccoli, un atteggiamento positivo e il desiderio di intervenire e lavorare per il proprio futuro.

Anche per trattare le Giornate Mondiali o le ricorrenze importanti dello Stato italiano lo storytelling può portare alla luce personaggi e situazioni non mainstream, come esempi di altre migliaia di storie che rischiano di restare misconosciute e che invece rappresentano la lotta quotidiana dell’umanità per costruire un mondo futuro. Le testimonianze sono lo spunto per esaminare i dati, affrontare vecchi e nuovi traguardi, per fare il punto sulla situazione alla luce degli eventi internazionali, veri sconvolgimenti, degli ultimi anni, ma anche per avviare buone pratiche e comportamenti individuali sostenibili e positivi.

Parliamo di Economia

Se pensi alla parola ECONOMIA che cosa ti viene in mente? Probabilmente ti vengono in mente molte cose: per esempio, il denaro (i soldi) che usi per comprare del cibo o degli oggetti, oppure il prezzo di questi prodotti. Magari pensi alla banca dove hanno il conto i tuoi genitori, oppure ai risparmi che servono per ottenere una cosa che hai desiderato da tempo.

Ma l’economia è ancora qualcosa di più, perché è presente in ogni momento della nostra vita.

La parola “economia” deriva da due parole greche: óikos, che vuol dire “casa”, e nómos, cioè “regola”. Quindi significa esattamente “gestione della casa”. Questo ci fa capire quindi di che cosa si occupa l’economia, e cioè organizzare il modo per soddisfare i bisogni di una comunità, piccola come una famiglia o grande come uno Stato.

Se ci pensiamo, sono moltissimi i nostri bisogni. Ci sono bisogni primari, cioè quelli indispensabili alla sopravvivenza degli esseri umani: bere, mangiare, vestirsi, curarsi se si è malati, avere un’abitazione.

Ci sono bisogni secondari, importanti per garantirci una buona qualità della vita: istruirci, viaggiare, ascoltare musica ecc.

E noi, come li soddisfiamo? Scopriamo insieme i legàmi tra l’economia e la nostra vita quotidiana.

Alla ricerca dell’economia nascosta!

La nostra ricerca parte dal suono della sveglia: giù dal letto, andiamo a fare colazione magari con una tazza di latte. E subito incontriamo la prima “economia nascosta”: da dove viene quel latte? Potrebbe venire da grandi allevamenti di mucche da latte oppure da una piccola stalla, potrebbe essere confezionato da una industria e venduto al supermercato oppure in un negozietto di alimentari.

Finita la colazione, ci vestiamo: l’economia si nasconde nel nostro armadio: le magliette e i jeans di cotone, le felpe, i golf di lana. Poi eccoci a scuola: il banco, lo zaino, matite e pennarelli, quaderni e libri.

L’economia circolare

Tutto quello che viene prodotto per soddisfare i nostri bisogni viene creato, comperato, usato e, quando non sarà più utilizzabile o non piacerà più, sarà gettato via. E’ certamente uno spreco se una cosa che ha avuto bisogno di energia e materie prime per essere prodotta finisce la sua vita nella spazzatura!

Questo tipo di economia (dalla produzione alla discarica) è detto economia lineare: è un sistema economico che spreca le risorse del nostro pianeta.

Noi, però, possiamo fare qualcosa di importante per contrastare questo spreco.

  • i nostri vestiti possono essere recuperati e i tessuti riutilizzati per produrre altri capi;
  • la carta di libri e quaderni può essere riciclata e diventare nuova carta per nuovi quaderni e nuovi libri senza tagliare altri alberi;
  • le bottiglie di vetro, le lattine e i rottami di metallo, gli oggetti di plastica possono essere fusi per molte volte ottenendo così nuovi prodotti;
  • gli scarti dei cibi possono diventare compost che diventa concime utile per arricchire i campi agricoli.

Possiamo perciò riciclare: questa parola è al centro di un altro tipo di economia, e cioè l’economia circolare, un sistema economico pensato per limitare il consumo di risorse naturali riutilizzando i materiali che non si usano più.

Come possiamo vedere nel disegno, oltre a riciclare, in un’economia circolare è importante anche riutilizzare il più possibile, riparare gli oggetti rotti (invece di buttarli e sostituirli subito) e raccogliere in modo corretto, cioè differenziato, i vari materiali.

E se imparassimo l’economia dalle piante?

Da qualche anno, molti economisti (gli scienziati che si occupano di economia) hanno capito che il mondo vegetale può fornire importanti suggerimenti per le teorie economiche. Per questo, hanno iniziato a scambiare idee con scienziati che studiano la natura e gli ecosistemi. In particolare, con quelli che studiano il modo in cui le piante entrano in relazione le une con le altre.

Sì, perché le piante vivono quasi sempre in comunità e collaborano tra loro con sistemi sperimentati da milioni di anni, molto prima della comparsa degli esseri umani, ancora prima che cominciasse sulla Terra ogni vita animale.

Un bosco, per esempio, è un superorganismo formato da alberi e altre specie di vegetali che si scambiano acqua, nutrimento e anche informazioni: sul luogo dove vivono, sui pericoli che corrono, sul bisogno di adeguarsi ai cambiamenti climatici.

Che cosa c’entra tutto questo con l’economia? C’entra moltissimo, perché alcuni economisti pensano che una strada per migliorare il futuro dell’umanità sia proprio quella di imparare a comportarsi come le piante, più che come gli animali.

Che cosa significa? Negli animali, esseri umani compresi, è il cervello che comanda il corpo e coordina le attività dei diversi organi per un buon funzionamento generale. Questa organizzazione, che ha la forma di una piramide, si trova anche nelle società, così come in tutte le attività economiche.

Se un organo non funziona come dovrebbe, il nostro organismo ha disturbi o si ammala. In modo simile, anche nell’economia di una comunità è sufficiente un intoppo per avere grossi problemi: questo è successo, per esempio, durante il lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19, quando quasi tutte le attività economiche si sono fermate per mesi.

Le piante devono bere, nutrirsi, scaldarsi, difendersi o riprodursi nel luogo dove sono nate e cresciute, anche se il loro ambiente ha subito delle trasformazioni. Ci riescono perché hanno una grande conoscenza del loro ambiente, delle sue risorse e dei suoi problemi, ma anche perché sono collegate tra loro in una rete di aiuto reciproco e solidale, senza essere costrette a competere, come fanno gli animali, per procurarsi le risorse di cui hanno bisogno.

Le piante, poi, sono abituate a mantenere l’equilibrio tra il consumo di una risorsa (per esempio l’acqua o i minerali contenuti nel suolo) e il tempo che serve perché questa risorsa sui ricostituisca. Pensa, perciò, al danno che può fare l’abbattimento di un’area di foresta: in pochi giorni si distrugge un patrimonio ambientale che ha richiesto anni, o addirittura secoli, per costruirsi.


Ecco perché molti economisti stanno cominciando a studiare il modo di vivere delle piante per imparare a migliorare i rapporti tra le comunità umane.

  • E tu, quali suggerimenti daresti agli adulti, osservando le piante (alberi, cespugli, fiori, anche l’erba di un prato) che conosci?
  • Fai qualche esempio di economia circolare.
  • Racconta che cosa intendi fare tu per migliorare l’economia del pianeta.

Puoi trovare questo testo, in versione più ampia, come introduzione al libro di tecnologia per la scuola secondaria di primo grado Impronta Tecnologica, Fabbri Editori – Rizzoli Education in collaborazione con Erickson.

Il Ramadan spiegato ai bambini e alle bambine

Il Ramadan è un periodo molto importante per i musulmani di tutto il mondo. Durante questo mese le persone di religione islamica digiunano dall’alba fino al tramonto. Questo significa che non mangiano né bevono durante le ore di luce del giorno.

Il Ramadan è però anche il periodo dell’anno che è più dedicato alla preghiera e alla riflessione. In questo mese tutti i fedeli sono invitati a essere più generosi e fare del bene agli altri. Devono cercare di non litigare e non lasciarsi andare alla rabbia e ad altre manifestazioni offensive, per vivere serenamente in famiglia e nella comunità.

Alla fine del Ramadan, si celebra una grande festa chiamata Eid al-Fitr. Durante questa festa ci si riunisce con amici e familiari, si scambiano regali e si mangia insieme del cibo preparato con cura. Si fanno anche feste all’aperto, a volte con luci e fuochi artificiali. Ma, naturalmente, ogni Paese ha le sue tradizioni.

Quando si celebra il Ramadan?

Il Ramadan è il nono mese del calendario lunare islamico e le date esatte del suo inizio e della sua fine variano ogni anno a causa delle differenze tra questo calendario e il calendario solare gregoriano, quello più diffuso nel mondo.

Quindi può essere in qualsiasi stagione. Come è facile immaginare, la pratica del digiuno è più semplice da seguire durante i mesi invernali, quando le giornate sono più corte e fa meno caldo. E’ invece più difficile d’estate, quando bisogna aspettare il tramonto che arriva molto tardi, ed è una vera prova non bere per tutta la giornata.

Chi deve seguire le regole del Ramadan?

Il Ramadan è uno dei fondamenti dell’Islam ed è obbligatorio per tutti i musulmani. Questo vale per la maggioranza degli adulti, ma non per i bambini e le bambine, che devono crescere. Sono poi esentati dal digiuno le donne che aspettano un bambino, le persone anziane, chi ha problemi di salute, i viaggiatori e le persone impegnate in attività che richiedono un grande sforzo fisico o mentale. Anche chi è esentato dal digiuno è però incoraggiato a partecipare alle attività religiose del Ramadan.

Nei Paesi a maggioranza musulmana le persone di altre religioni non devono seguire il digiuno, ma sono invitati a rispettare le tradizioni locali legate al Ramadan.

Come partecipano i bambini e le bambine?

Durante il Ramadan le famiglie islamiche coinvolgono anche i più piccoli facendoli partecipare ai vari riti, un po’ come nel periodo di Natale per i cristiani.

Stanno insieme alla famiglia e aiutano a preparare il cibo e le decorazioni per la casa. Partecipano alle preghiere e alle letture. Aiutano genitori e fratelli in opere di volontariato. Spuntano i giorni del Calendario delle Preghiere, come fanno i bambini cristiani nel Calendario dell’Avvento che porta al Natale.

Nei tre giorni di festa alla conclusione del Ramadan bambini e bambine ricevono regali e dolci.

Qual è l’origine del Ramadan?

La tradizione del Ramadan ha le sue origini nella vita del profeta Maometto. Secondo la tradizione islamica, il Ramadan è il mese in cui il profeta Maometto ricevette la prima rivelazione del Corano, il libro sacro dell’Islam.

La tradizione del Ramadan è quindi una parte fondamentale della pratica religiosa dell’Islam e ha un’importanza spirituale profonda per i musulmani di tutto il mondo.

Quali sono i Paesi a maggioranza musulmana?

I Paesi che hanno la più numerosa popolazione musulmana sono:

  • Indonesia
  • Pakistan
  • Bangladesh
  • Nigeria
  • Egitto
  • Turchia
  • Iran
  • Algeria
  • Marocco

Ma ci sono molti altri Paesi in Asia e in Africa dove i musulmani sono la maggioranza. Anche in America e in Europa le comunità musulmane, anche se in minoranza, sono numerose: in moltissime città si trovano le moschee, i luoghi di culto della religione islamica.

15 marzo: la Giornata Mondiale dei Consumatori spiegata ai bambini e alle bambine

Dal 1983, e cioè da ben 40 anni, si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale dei Diritti dei Consumatori.

Qual è il significato di questa giornata? Questa giornata vuole sottolineare il fatto che ogni consumatore e ogni consumatrice, cioè ogni persona che acquista e consuma un prodotto (cibo, vestiario, oggetti per la casa, elettronica, ecc.), sia che compri in un negozio sia che compri online, deve essere protetto e aiutato nelle sue scelte.

Ma da chi deve essere protetto? Dalle produzioni di bassa qualità o addirittura nocive, cioè che fanno male, per esempio per l’uso di materie prime scadenti. Dalla pubblicità ingannevole, che dice cose non vere per spingere a comprare. Dalle tariffe (bollette) troppo alte dei servizi. Dalle produzioni che sfruttano il lavoro, in particolare di donne e bambini. Dai prodotti che devono fare troppi chilometri per arrivare da noi, diventando più costosi e spesso anche meno sani. Dalle etichette che non spiegano bene gli ingredienti. E così via.

Lo Stato e le organizzazioni di Stati, come l’Unione Europea, devono fare delle regole perché i consumatori, anche i meno attenti, non si sentano soli e vengano tutelati da tutto ciò.

Però la Giornata del 15 marzo non si occupa solo dei diritti dei consumatori, ma anche dei loro doveri. Noi sappiamo infatti che le scelte dei consumatori sono importantissime per indirizzare quelle delle aziende: ce lo dice anche l’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030, forse l’obiettivo di sviluppo sostenibile che più di altri ci mostra il potere di ogni singolo individuo.

Facciamo un esempio: quando andiamo a fare la spesa noi possiamo comprare un prodotto biologico oppure no, possiamo scegliere se consumare carne o verdura, possiamo acquistare un prodotto a chilometro 0 oppure che proviene da Paesi lontani, decidere se preferire un prodotto che è confezionato nella plastica oppure nella carta, ecc.

Le nostre scelte di singoli consumatori possono perciò spingere le scelte delle aziende produttrici ad andare nella direzione della sostenibilità, perché a loro interessa soprattutto accontentare i compratori per aumentare le vendite. Quindi, ad esempio, se un alimento biologico è molto richiesto, anche le altre aziende agricole saranno invogliate a coltivare in modo sostenibile, senza l’uso di prodotti chimici.

Un altro importante argomento è quello delle decisioni dei consumatori nel campo dell’energia. Le nostre scelte sono importanti per portare all’abbandono dei combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) e spingere invece verso l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

Vediamo quindi come è importante nella società e nell’economia il nostro ruolo di consumatori e di consumatrici. Celebrare la Giornata Mondiale per i Diritti dei Consumatori è perciò un piccolo ma importante mattoncino nella crescita di tutti e tutte noi come cittadini e cittadine responsabili.


In questo post una classe capovolta sui consumi consapevoli e responsabili.

Qui il calendario delle Giornate Mondiali e Ricorrenze Nazionali interessanti per la didattica dell’Educazione civica.

Marie Sklodowska Curie, donna e scienziata

Maria Sklodowska era nata a Varsavia il 7 novembre del 1867. I suoi grandi amori erano la lettura, lo studio, la scienza, fin da quando era piccolissima. Ma vivere nella Polonia di quegli anni non era facile per una ragazza che voleva proseguire gli studi, anche per una geniale come lei: le donne, infatti, non erano nemmeno ammesse all’università.

Non si era persa d’animo, però, Maria, perché credeva in una filosofia positivista e nel progresso intellettuale degli individui, per un inarrestabile miglioramento del mondo. Aveva perciò aderito a un gruppo formato da studenti che volevano alfabetizzare gli operai delle fabbriche e organizzare biblioteche popolari in tutto il Paese. Ma queste attività tanto ‘rivoluzionarie’ non piacevano al governo polacco e Maria fu costretta a trasferirsi in campagna, in esilio, dove trovò impiego in una famiglia come istitutrice.

Gli studi, la ricerca, il primo Nobel

I suoi orizzonti sono però più ampi, non possono fermarsi a una vita nella campagna profonda.  Stringe un patto con l’amata sorella Bronya: con il suo lavoro Maria avrebbe permesso di laurearsi in medicina a Parigi, e dopo la laurea Bronya avrebbe fatto altrettanto per lei. E così accade. Ha ormai 24 anni, Maria, per quei tempi praticamente una zitella, quando prepara le valigie e si trasferisce a Parigi. Iniziano finalmente i suoi agognati studi di scienze alla Sorbona.

All’università incontra anche suo marito, Pierre Curie: si innamorano e insieme avviano la loro totalizzante ricerca sulle sostanze radioattive. Grazie al loro intenso e geniale lavoro, nel 1903 i coniugi Curie ricevono il Premio Nobel per la fisica. Marie (il suo nome è ormai francesizzato) Curie è così la prima donna a ricevere un Premio Nobel; è vero che il premio è stato istituito solo due anni prima, ma in ogni caso le donne, in tutti i campi, saranno una decisa minoranza anche negli anni successivi.

La famiglia cresce

Con Pierre, Marie ha due bambine. E’ una madre affettuosa, per lei la famiglia è molto importante, ma in realtà poco presente: l’attività scientifica la occupa tantissimo e passa la maggior parte del suo tempo in laboratorio.

Questo suo essere una madre anticonvenzionale, soprattutto per l’epoca, non ha certo avuto effetti negativi sull’evoluzione delle sue figlie. Eve, la più piccola, oltre che biografa della madre, diviene scrittrice, pianista e importante ambasciatrice dell’UNICEF. Irene, la maggiore, segue la strada dei genitori e ottiene anch’essa il Premio Nobel per la chimica nel 1935. Forse questo ci riporta all’annosa questione: val più la quantità o la qualità del tempo che si dedica ai propri figli?

Un altro Nobel, ma discusso

Alla morte del marito a causa di un assurdo incidente (investito da una carrozza), Marie prende il suo posto come docente alla Sorbona. Sono passati 15 anni da quando è entrata in quella università da povera ragazza polacca, la più attempata di tutti i suoi compagni di corso.

Naturalmente, in parallelo all’attività di insegnante continua i suoi studi sul radio e sul polonio, il minerale radioattivo che ha appena scoperto: gli dà il nome della sua nazione di origine, quella terra da cui ha dovuto fuggire, ma che le è rimasta nel cuore.

illustrazione Marie Curie in laboratorio di Ilaria Zanellato per il libro Possiamo cambiare il mondo, ed. Mondadori

Nel 1911 ottiene il secondo Premio Nobel, questa volta per la chimica. Ancora una volta, Marie è la prima: la prima persona, uomo o donna, a ricevere due Nobel (fino a oggi, l’hanno ottenuto solo in 4). Sono stati lì lì per non darglielo, però: perché la ‘scandalosa’ Marie, a pochi anni dalla morte del marito, ha intrapreso una relazione con un altro ricercatore, Langevin, più giovane di lei e pure sposato. E sono cose che non si perdonano facilmente all’inizio secolo scorso, anche in Svezia.

Comunque, l’Accademia svedese alla fine le assegna il Nobel, ma le impedisce di andarlo a ritirare personalmente a Stoccolma.

Nonna Marie

A sessant’anni Marie diventa nonna: sono i figli di Irene, maschio e femmina, entrambi eredi del ‘destino’ scientifico di famiglia. Helène ha insegnato fino a poco tempo fa fisica nucleare all’Università di Parigi e, frequentando l’ambiente scientifico della città, ha sposato proprio il nipote dell’uomo con cui sua nonna ha avuto una relazione.

Per Helène sua nonna è solo Mamie, come affettuosamente chiamano la grand-mère i bambini francesi. Come c’era da aspettarsi, non certo una nonna-babysitter: è una nonna amorevole, ma sempre indaffarata.

Helène la ricorda quando spesso diceva: “Non penso proprio di aver sacrificato la mia vita alla scienza. Ricercare e studiare è ciò che mi piace fare, ma ho avuto anche una vita piena di affetti, con voi, la mia famiglia, e tanti amici”.

Ragazze, seguite i vostri amori!

Nel cuore di ognuna di noi c’è tanto, tanto posto!

Sì, innamoratevi di una persona, curate i vostri figli, se deciderete di averne, poi i vostri nipoti, ma seguite anche le vostre passioni nel lavoro: che amiate la letteratura, la scienza, l‘arte, lo sport non fatevi fermare dal fatto che siete ragazze o da quello che la società si aspetta da voi.

L’11 febbraio è la Giornata Mondiale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza. Perché c’è bisogno di una giornata in cui si parli di questo?

Perché nel mondo sono donne meno del 30% dei ricercatori. Ma le donne sono la metà dell’umanità!  Sembra proprio che, a un certo punto, per molte donne che vogliono lavorare nella scienza si creino degli ostacoli invisibili, ma certamente reali. A volte, sono le ragazze stesse che si convincono di non essere portate per gli studi scientifici, oppure cercano occupazioni più attraenti e ‘femminili’.

Molte donne pensano poi che il lavoro scientifico sia inconciliabile con il fatto di creare una famiglia. Eppure, ecco a voi due esempi che vanno nella direzione contraria: AstroSamantha, l’astronauta Samantha Cristoforetti che naviga nei cieli, è mamma di una bambina e di un bambino, mentre Amalia Ercoli Finzi, ingegnera aerospaziale, soprannominata ‘la Signora delle Comete’, ha ben cinque figli e sei nipoti. E’ ovvio, però, che in famiglia sia necessaria la collaborazione di tutti e tutte: ma non solo in quelle delle scienziate!

Che cosa possiamo fare noi?

Ce lo dice anche l’Agenda 2030, Obiettivo 5: bisogna aiutare le ragazze ad avere fiducia in se stesse e rimuovere ogni ostacolo (sociale, legislativo, di consuetudini) alla parità di diritti tra uomini e donne.

Quali consigli possiamo dare alle bambine che si affacciano al futuro?

  • Nella tua lista dei desideri scegli liberamente i tuoi giocattoli: non ci sono solo le bambole.
  • Usa tutti i colori dell’arcobaleno, non fermarti al colore rosa.
  • Lascia completa libertà ai tuoi sogni: se vuoi fare da grande un lavoro ‘da maschi’ non ascoltare chi ti consiglia di lasciar perdere.
  • Scegli lo sport che più ti piace.
  • Fatti raccontare storie di donne della tua famiglia
  • Leggi avventure di donne che hanno cambiato il mondo.
  • Visita i musei scientifici e tecnologici.
  • Sperimenta, sperimenta, sperimenta!
  • E se sei una ragazza, mettiti in prima fila!

Ma per cambiare la società veramente bisogna educare anche i bambini E allora qualche consiglio anche a loro:

  • Rispetta sempre le scelte delle tue sorelle e delle tue amiche.
  • Coinvolgile nei tuoi giochi.
  • Aiutale a difendersi dai bulli.
  • Non esistono lavori, sport o altre attività ‘da femmine’: progetta liberamente il tuo futuro!

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Qui la storia di Marie Curie scritta per bambini e bambine.

La storia di Marie Curie è raccontata anche nel numero 1 di Biro, un bel magazine per bambini, bambine e le loro famiglie.

Foto di copertina di OpenClipart-Vectors da Pixabay, le altre foto da Wikipedia, i disegni sono di Ilaria Zanellato per i libri Possiamo cambiare il mondo e Questo è un giorno speciale.

Questo è un giorno speciale

In questo post parliamo del libro “Questo è un giorno speciale”, scritto da Rossella Köhler, con la collaborazione di Rosanna Imbrogno e Gladis Capponi, e illustrato da Ilaria Zanellato, edito da Mondadori ragazzi.

Le Giornate Mondiali e le ricorrenze nazionali sono infatti un’ottima occasione per presentare gli argomenti di Educazione Civica, da quelli legati alla sostenibilità ambientale a quelli che affrontano i problemi delle relazioni interpersonali o presentano importanti eventi storici che hanno contribuito alla costruzione della nostra democrazia, ecc.

Le Giornate Mondiali

Oggi le Giornate Mondiali sono oltre 160 e il loro numero è in continuo aumento. Ogni anno ne vengono proposte di nuove da organizzazioni internazionali, singoli Paesi oppure associazioni di vario genere. Ma per diventare Giornate Mondiali da celebrare ufficialmente devono essere approvate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Le Giornate Mondiali si possono svolgere in tutti Paesi del mondo e quelle più famose coinvolgono milioni di persone ogni anno. L’interesse può cambiare con il passare del tempo: per esempio, le giornate legate alle trasformazioni climatiche e degli ambienti naturali in questi ultimi anni sono molto partecipate perché, purtroppo, i problemi che sollevano sono diventati delle vere emergenze.

Ognuna di esse mira a sensibilizzare i governi, le comunità e i singoli individui nel compiere scelte più etiche, solidali, sostenibili. Privati cittadini, associazioni, aziende, scuole: tutti sono incoraggiati a organizzare liberamente un evento in occasione di una Giornata Mondiale.  Le Giornate Mondiali sono infatti giornate di tutta la popolazione, in cui ognuno di noi può fare del suo meglio, utilizzando tutta la sua creatività, per diffondere il messaggio della giornata.

Ecco perché le Giornate  Mondiali possono fornire ottimi spunti per approfondire tematiche di Educazione Civica, che possono anche diramarsi in direzioni differenti, in una modalità interdisciplinare.

Le ricorrenze nazionali

Ci sono poi le Giornate Nazionali oppure quelle che coinvolgono solo un gruppo di Paesi, come le Giornate Europee che coinvolgono i Paesi appartenenti all’Unione Europea. Celebrano soprattutto eventi della nostra Storia o sono testimoni della lotta per un mondo migliore, fondamentali per la costruzione della nostra società. Queste giornate parlano di importanti argomenti del pilastro Costituzione all’interno dell’insegnamento dell’Educazione Civica.

2 giugno: la nascita della Repubblica Italiana

Questo è un giorno speciale

Ma come è strutturato il libro sulle Giornate? Per chi ha già avuto in mano Possiamo cambiare il mondo la cosa è semplice da capire, perché il nuovo libro ripropone la composizione varia e l’impostazione di linguaggio che hanno caratterizzato il libro sui 17 obiettivi dell’Agenda 2030.

L’indice è in realtà un calendario con 20 Giornate scelte per la loro importanza. Molte di queste trattano temi ‘difficili’, ma non per questo devono essere ignorati da bambini e bambine: pensiamo infatti che ogni argomento possa essere spiegato in modo semplice e facilmente comprensibile, legandolo alla realtà quotidiana e alle esperienze di vita che anche i più giovani devono affrontare.

Ogni Giornata viene introdotta da quattro pagine nelle quali si spiega di che cosa tratta: qui si evidenziano le motivazioni che hanno portato a decidere la sua istituzione. Si parla diffusamente e in modo semplice dei problemi che stanno alla base, delle questioni da risolvere, dei periodi storici, di tutto quanto, insomma, riguarda l’argomento su cui pone attenzione la Giornata.

Le pagine introduttive alla Giornata Mondiale della Terra

All’interno di una pagina (“Che cosa puoi fare tu?”) sono proposti i comportamenti personali positivi da incoraggiare perché la Giornata non sia solo un evento istituzionale, ma un affare in cui tutti noi siamo coinvolti, bambini e bambine compresi.

Che cosa puoi fare tu per

Una doppia pagina molto illustrata (“Approfondiamo un po’”) presenta una delle sfaccettature che riguardano la Giornata. Si tratta di un approfondimento, ma anche di un approccio differente, una piacevole lettura di immagine che riporta alcuni dei temi fondamentali dell’argomento.

La doppia pagina per la Giornata del 25 aprile, che racconta il contenuto dello zaino di un partigiano.

Ogni Giornata prosegue con uno storytelling: sono storie di bambini e bambine in varie parti del mondo, che prendono spunto da un progetto concreto (di un’associazione, un’organizzazione internazionale, ecc.) in stretta relazione all’argomento trattato o da un’esperienza di vita. In molti casi sono stati i protagonisti stessi a raccontare le storie narrate nel libro.

Una storia per la Giornata contro l’Omofobia

Il progetto o l’esperienza sono poi descritti alla fine di ogni capitolo del libro.

Giornata Mondiale della Terra: Fridays for Future, un movimento attivo per la salvaguardia del pianeta.

Alla fine del libro un piccolo dizionario spiega i termini più complessi e difficili, mentre un elenco delle fonti indica i siti web e i libri che hanno costituito un’ispirazione.

Questo è il link al post del blog che presenta un calendario (selezionato per l’attività scolastica) delle Giornate speciali.

La Giornata Mondiale della Terra spiegata ai bambini e alle bambine

Ogni anno, il 22 aprile,  la Giornata Mondiale della Terra (in inglese Earth Day) è celebrata da miliardi di persone in tutto il mondo. E’ infatti la giornata mondiale più conosciuta e festeggiata da Paesi e istituzioni, associazioni, studenti e comunità, da tutti coloro, insomma, che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta.

I movimenti ambientalisti del secolo scorso

Questa giornata venne istituita nel 1970. In quegli anni stavano nascendo molti movimenti ambientalisti: mai prima di allora c’erano state tante persone (soprattutto giovani) che si preoccupavano del futuro del nostro pianeta, sempre più popolato, sempre più sfruttato e sempre più inquinato.

Molti di essi, già più di mezzo secolo fa dicevano le cose di cui parlano i movimenti ambientalisti di oggi, come il movimento Fridays for Future (i Venerdì per il Futuro), creato dalla ragazzina svedese Greta Thunberg.  Già allora si parlava di cambiamenti climatici, di crisi idrica (cioè di mancanza d’acqua), di deforestazione, della presenza di troppa plastica, ecc.

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Per esempio, negli anni Sessanta del secolo scorso erano nati negli Stati Uniti d’America molti gruppi di giovani che si definivano Figli dei Fiori e che valutavano molto importante occuparsi dell’ambiente e tornare a uno stile di vita più vicino alla natura.

Anche molti scienziati cominciavano a mettere in guardia l’umanità sul suo futuro ambientale e a far conoscere alla gente i pericoli dell’inquinamento, dovuto soprattutto a uno sviluppo industriale che sfruttava le risorse del pianeta (acqua, aria, minerali, foreste, suolo, ec.) senza preoccuparsi degli effetti negativi che ne sarebbero seguiti.

Oggi ben conosciamo questi pericoli, ma ancora moltissimi problemi non sono stati risolti. Ma negli anni che seguirono la seconda guerra mondiale la maggior parte delle persone non credeva che il mondo potesse peggiorare: erano certi che le risorse non si sarebbero mai esaurite, che il futuro sarebbe stato sempre più industrializzato e luminoso, che la scienza avrebbe risolto ogni possibile problema.

Nel 1969, le coste della California, lo Stato americano affacciato sull’Oceano Pacifico, furono invase dal petrolio uscito per un incidente dai pozzi petroliferi in alto mare (chiamati in inglese pozzi off shore). Questo aveva mobilitato l’opinione pubblica, cioè il pensiero di molta gente, che prima non si era mai occupata di questi problemi.

mare petrolio

Così, nel 1970 milioni di persone si riunirono attorno a un senatore del Parlamento americano chiedendo più attenzione al nostro pianeta. Il movimento si allargò poi anche ad altri Paesi e l’ONU (l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che raggruppa praticamente tutti gli Stati del mondo) decise perciò di creare la Giornata Mondiale della Terra.

Come possiamo oggi aiutare la Terra?

Oggi siamo tutti più consapevoli del fatto che il futuro è anche nelle nostre mani e sappiamo che dobbiamo agire per aver cura del nostro pianeta e dei suoi abitanti, animali e piante compresi.

raccolta rifiuti spiaggia

Anche voi potete fare la differenza. Per esempio dovete:

  • riciclare, facendo la raccolta differenziata,
  • non sprecare l’acqua,
  • usare meno oggetti di plastica (come i giocattoli), preferendo quelli di legno o di altri materiali naturali,
  • mangiare il più possibile alimenti a km 0, cioè prodotti vicino a te, evitando così di inquinare con i trasporti,
  • utilizzare la bici e i mezzi pubblici invece dell’automobile,
  • usare prodotti ecologici per la pulizia della casa e della vostra persona,
  • parlare di questi argomenti in famiglia e con gli amici.

A questi consigli siamo sicure che voi potrete aggiungerne altri. Provateci!

L’importanza delle api

Tra le tante cose che possiamo fare, c’è consumare miele e aiutare così gli apicoltori a prendersi cura delle api. Questi piccoli insetti, infatti,  contribuiscono a mantenere in vita due terzi delle colture del pianeta e, grazie al loro lavoro di impollinazione, garantiscono un terzo della produzione mondiale di cibo.

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In questo post puoi avere qualche suggerimento su come lavorare in classe in preparazione della Giornata Mondiale della Terra.

In questo articolo puoi leggere l’impegno dell’ONU per il pianeta attraverso gli Obiettivi dell’Agenda 2030.

In questo post, in particolare, si parla dell’Obiettivo 15 dell’Agenda 2030: proteggere la vita della Terra e la biodiversità.

Questo il post che parla di ‘Possiamo cambiare il mondo’, un libro per raccontare l’Agenda 2030.

Qui invece un calendario per le Giornate Mondiali.

In questo post, invece, si parla del libro “Questo è un giorno speciale”, che racconta 20 giornate importanti da ricordare, tra le quali la Giornata Mondiale della Terra.

8 aprile: Giornata Internazionale dei Rom

Ogni anno, in tutto il mondo, l’8 aprile si celebra il Romano Dives, e cioè la Giornata Internazionale dei Rom istituita per celebrare la cultura di questo popolo e per far conoscere a sempre più persone i problemi che incontra nei vari Paesi. La data dell’8 aprile è stata scelta per ricordare il primo congresso mondiale del popolo rom, che si tenne a Londra nel 1971.

In realtà i popoli nomadi sono tanti: un gruppo numeroso è quello dei Sinti (chiamati Manouches in Francia); poi ci sono i Camminanti, i Kalè, i Lautari e molti altri. I nomi cambiano a seconda dell’etnia (cioè del popolo) ma anche del Paese dove vivono.

Per celebrare la giornata internazionale hanno però scelto di raccogliersi tutti sotto il termine Rom, che significa ‘uomo’ nella lingua romanì (la lingua dei Rom, appunto).

La bandiera del popolo Rom è una ruota rossa in campo azzurro (che rappresenta il cielo) e verde (che rappresenta la terra). La ruota invece vuol significare il continuo migrare dei nomadi.

Una lunga storia

Quello dei Rom è un popolo molto antico. Fino all’anno Mille i loro antenati vivevano nel nord dell’India. Erano nomadi e si procuravano da vivere facendo i musicisti, i giocolieri, gli ammaestratori di animali oppure lavorando i metalli. In seguito, si spostarono verso l’Europa, dove si dispersero nei vari Paesi.

carta tratta da Focus

Nei primi secoli del Medioevo furono ben accolti, ma diventarono presto il capro espiatorio di ogni evento negativo: a loro si dava la colpa se arrivava un’epidemia, se c’era mancanza di pioggia per un lungo periodo, se arrivavano degli invasori, ecc. Così iniziarono le persecuzioni: i rom furono cacciati da molte città e villaggi e spesso i loro campi venivano bruciati.

Il popolo rom ha percorso il suo cammino nella storia senza lasciare tracce visibili di sé, se non per quanto raccontano di loro le cronache dei Paesi che hanno attraversato. La loro è quindi una storia ricostruita dai gagé, la parola in lingua romanì che definisce chi non è Rom.

Una carovana vicino ad Arles, nel sud della Francia, nel dipinto del pittore olandese Vincent Van Gogh

L’episodio più terribile della loro storia avvenne durante la seconda guerra mondiale, quando i rom che abitavano nei Paesi invasi dalla Germania furono internati nei campi di concentramento, dove 500 000 di loro, uomini, donne e bambini, furono uccisi. Il loro sterminio è chiamato Porrajmos, che in lingua romanì significa ‘devastazione’.

Nonostante questi tragici eventi, la comunità rom è riuscita a conservare la propria unità e la propria cultura attraverso il tempo e i confini geografici.

Il musicista Jovica Jovic con i suoi nipoti.

Oggi il popolo Rom è una delle tante minoranze del nostro continente, protetta da regole dell’Unione europea, ma a volte ancora vittima di episodi di intolleranza.

Qualche domanda per te

  • Che cosa conosci della cultura rom? Discutine con i tuoi compagni e le tue compagne.
  • Che cosa significa ‘persecuzione’?
  • Che cosa significa ‘capro espiatorio’?
  • Conosci altre storie di popoli (nel presente o nel passato) a cui sono stati negati i diritti umani?

Se non sai rispondere a qualche domanda parlane in classe e con i tuoi insegnanti.

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Per gli insegnanti:

Qui potete leggere un calendario delle Giornate speciali.

Le foto di Jovica Jovic sono di Paolo Sacchi.

21 marzo: Giornata Mondiale delle Foreste

Quando beviamo un bicchiere d’acqua o scriviamo su un foglio di carta è ovvio che non pensiamo subito a una foresta: ma in realtà sono moltissime le attività degli esseri umani che, in un modo o nell’altro, hanno uno stretto collegamento con boschi e foreste.

L’importanza delle foreste per le comunità

Innanzitutto, circa 2000 popoli indigeni vivono proprio nelle zone di foresta e da questo ambiente traggono ogni tipo di sostentamento. Ma in realtà oltre un miliardo e mezzo di persone nel mondo dipende direttamente dalle foreste per la sua sopravvivenza, ricavandone cibo, riparo, energia, medicinali.

In ogni parte del mondo, infatti, il legname è sempre stato una importantissima materia prima per la produzione di carta e di oggetti di uso quotidiano, oltre che per la costruzione di abitazioni e mezzi di trasporto.

Il legname è anche una fonte di energia, perché viene utilizzato come combustibile. Inoltre, le foreste forniscono selvaggina, frutti, bacche, miele, funghi e molte piante curative, usate nella medicina tradizionale, ma studiate anche dalla moderna ricerca scientifica.

L’importanza delle foreste per l’ecosistema terrestre

Le foreste non rispondono solo ai bisogni dell’uomo, ma sono ambienti indispensabili per la vita e la buona salute della Terra. Per esempio, sono uno strumento fondamentale per la lotta all’inquinamento e per la regolazione del clima, contro il riscaldamento globale e la desertificazione.

Le foreste assorbono infatti anidride carbonica e producono l’ossigeno che respiriamo: nella foresta equatoriale ogni albero adulto può produrre dai 20 ai 30 litri di ossigeno al giorno.  Le foreste, inoltre, creano vapore acqueo: aumentano così l’umidità presente nell’atmosfera e favoriscono le precipitazioni e l’accumulo di acqua nel sottosuolo.

Le radici degli alberi mantengono compatto il terreno e le chiome proteggono il suolo dalle aggressioni del vento e delle piogge, evitando erosione e frane.  

Le foreste ospitano poi la più grande biodiversità del pianeta. La foresta equatoriale, in particolare, possiede un immenso patrimonio vegetale e animale che comprende oltre due terzi delle specie terrestri di alberi, fiori, insetti, uccelli, rettili, mammiferi. Molti di questi non sono ancora stati catalogati dagli scienziati, ma la deforestazione può portare alla loro estinzione prima ancora che noi possiamo conoscerli: si è calcolato che scompaiano più di 50 specie vegetali o animali ogni giorno. 

Attacco alla foresta

In molte parti del mondo, purtroppo, la maggior parte delle antiche foreste non esiste più.  Nel corso dei millenni, gli esseri umani hanno diboscato grandi parti di territorio per far posto a città, strade e campi coltivabili oppure per ricavarne legname. Il problema si è aggravato soprattutto dalla metà del secolo scorso. In passato sono state distrutte le foreste delle zone temperate (per esempio, in Europa), oggi vengono invece abbattuti soprattutto gli alberi delle foreste equatoriali, in Asia, Africa e America meridionale: si è calcolato che ogni anno si perde una superficie verde grande circa 100 000 chilometri quadrati, l’equivalente di quattro grandi regioni italiane. Difficilmente poi altri alberi ricrescono in queste zone: il terreno, non più protetto dalle fronde degli alberi, viene colpito continuamente sia dalla pioggia sia dai raggi del sole, perdendo così la sua fertilità.

L’esempio di Wangari

Wangari Maathai è stata una biologa africana. Dopo aver studiato all’estero, è tornata nel suo Paese, il Kenya: qui ha trovato un territorio molto più spoglio e diboscato di quando l’aveva lasciato. Così, insieme ad altre donne, ha creato il Green Belt Movement (Movimento della Cintura Verde) per fermare il taglio degli alberi e cominciare a riforestare, piantando milioni di giovani alberelli. A Wangari e al suo movimento è stato assegnato nel 2004 il Premio Nobel per la Pace, perché la protezione dell’ambiente è fondamentale per portare la pace in tutto il pianeta.  

Oggi, sempre più persone pensano che piantare nuovi alberi sia uno strumento efficace ed economico per ripulire l’aria e fermare il riscaldamento globale. In molte parti del mondo nascono perciò progetti per la riforestazione sull’esempio dell’impresa di Wangari Maathai. Per esempio:

Plant-for-the-Planet è un’associazione creata da un bambino tedesco, Felix, che raccoglie oltre settantamila ragazzi e ragazze e sta piantando miliardi di alberi in tutto il mondo. Il loro motto è “Stop Talking. Start Planting”, cioè “Basta parlare, cominciate a piantare”.
Due Grandi Muraglie Verde stanno sorgendo nel Sahel, a sud del deserto del Sahara, e in Cina, ai margini del deserto del Gobi.
Con il progetto ForestaMi, la città di Milano ha in programma di piantare 3 milioni di alberi entro il 2030.

In difesa delle foreste

Nel 2012 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di proclamare il 21 marzo Giornata Internazionale delle Foreste proprio per far conoscere l’importanza degli alberi e dei vari tipi di foreste nell’equilibrio del nostro pianeta.

Dato che una delle maggiori responsabili della deforestazione è l’industria del legno, è stato creato il marchio FSC che permette ai consumatori di riconoscere i prodotti realizzati con legname certificato e sostenibile, cioè ottenuto facendo attenzione alla conservazione della biodiversità e portando ricchezza alle comunità locali. Oggi sono certificati FSC 2 milioni di chilometri quadrati di foreste in 81 Paesi del mondo. Quindi, ora che lo sappiamo, quando acquistiamo un prodotto di legno facciamo attenzione che sia contrassegnato con il marchio FSC.

In questo post alcune proposte operative per la Giornata Mondiale delle Foreste.

Di foreste si occupa l’Obiettivo 15 dell’Agenda 2030 (conservare la biodiversità terrestre): qui puoi leggere il post sull’obiettivo nel nostro blog.

Della Giornata Mondiale delle Foreste, come di molte altre giornate speciali, si parla nel volume “Un calendario per l’educazione civica“, allegato al sussidiario delle discipine Mondo 2030, della Cetem.

Terza domenica di febbraio: la Giornata Mondiale delle Balene

Che meraviglia le balene! Sono i più grandi animali della Terra, della famiglia dei cetacei, e sono creature dall’intelligenza straordinaria. Sono mammiferi, vivono in acqua, ma respirano l’aria come noi. Sono anche fondamentali nella lotta contro il riscaldamento globale.

Messico

La più grande è la balenottera azzurra: può arrivare a 33 metri di lunghezza e oltre 160 tonnellate di peso, come trenta elefanti messi insieme. Le balene artiche sono un po’ più piccole, ma possono vivere molto più di un secolo. La balenottera comune, dalla forma lunga e affusolata, vive anche nel Mediterraneo, in un’area tra Liguria, Corsica e costa della Francia.

Canarie

La caccia alla balena

Fin dall’antichità gli uomini hanno cacciato le balene. Di questo mammifero si usava tutto: la carne, il grasso come olio per le lampade, i denti (chiamati fanoni) per creare strumenti e anche per i busti delle signore. Con l’avanzare della tecnologia e con baleniere sempre più grandi e adatte a spingersi al largo, la caccia è diventata spietata: il numero di esemplari uccisi è diventato così alto da mettere a rischio la sopravvivenza della specie.  Una commissione internazionale ha vietato la caccia alle balene già dagli anni Ottanta del secolo scorso, se non per scopi scientifici o per l’alimentazione degli inuit che vivono in Alaska, in Canada, e in Groenlandia. Nonostante questo divieto, il Giappone, la Norvegia e l’Islanda (quest’ultima fino al 2024) continuano a permettere questa caccia.

Groenlandia

Altri pericoli

Le balene non sono minacciate solo dalla caccia, ma anche dall’inquinamento (soprattutto della plastica che arriva al mare) e dal riscaldamento globale, che ha fatto aumentare la temperatura delle acque marine. Inoltre, poiché sono abituate a comunicare tra loro attraverso dei segnali sonori, sono molto disturbate dai rumori prodotti da diverse attività umane. Il traffico delle navi, l’attività di ricerca e di estrazione del petrolio sui fondali marini, le esercitazioni militari impediscono infatti alle balene di trasmettere tra loro informazioni importanti per la sopravvivenza: per esempio, con i loro suoni si avvisano quando c’è disponibilità di cibo oppure quando si avvicinano dei pericoli.

L’installazione a Roma dell’associazione ambientalista Greenpeace per denunciare il pericolo della plastica oceanica per la sopravvivenza delle balene.

Un’importante funzione ecologica

Le feci delle balene alimentano il fitoplancton, cioè l’insieme di piccolissimi organismi vegetali acquatici che galleggiano in superficie. Il fitoplancton ha la funzione, esattamente come gli alberi, di assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera.  Quindi, la diminuzione del numero di balene (nel XX secolo ne sono state uccise 3 milioni) ha conseguenze dirette anche sul riscaldamento globale.

fitoplancton

I Santuari dei Cetacei

Nei diversi mari e oceani sono stati create delle zone protette dove le balene, i delfini e gli altri cetacei possono vivere e riprodursi in tranquillità. In queste aree gli uomini devono limitarsi a osservare, studiare e ammirare i grandi mammiferi, riducendo al minimo il loro impatto sulla vita degli animali.

Nel sud del pianeta è stato creato il Southern Ocean Whale Sanctuary (Santuario delle Balene dell’Oceano Meridionale), un’area di 50 milioni di km² che circonda l’Antartide. Molti Paesi dell’emisfero australe sono interessati, ma l’Australia è quello con la più vasta rete al mondo di Santuari dei Cetacei. Al contrario, il Giappone si è sempre opposto, proprio perché ritiene suo diritto continuare la caccia alla balena.

Antartide

Pirati amici delle balene

Ci sono anche equipaggi che attraversano gli oceani per salvare questi meravigliosi animali. Il capitano Paul Watson ha fondato la Sea Shepherd (significa ‘Pastore del mare’), un’organizzazione che si occupa della salvaguardia delle balene e degli ambienti marini. La Sea Shepherd ha una flotta con dieci navi che solcano tutti gli oceani. I suoi membri si definiscono eco-pirati perché intervengono concretamente, con azioni di disturbo e danneggiamento, per fermare le baleniere.

Una giornata per le balene

Per ricordare sempre la necessità di proteggere le balene, ma anche per agire in loro difesa, ogni anno la terza domenica di febbraio si è deciso di celebrare la Giornata Mondiale delle Balene.

Qui il link a una proposta di attività da svolgere in classe

Qui il link per approfondire l’Obiettivo 14 dell’Agenda 2030.

Qui il link a un calendario delle Giornate Mondiali e Ricorrenze Nazionali.